Antibiotici sempre meno efficaci: il problema nel Mondo e in Italia
I maggiori istituti di ricerca italiani e internazionali concordano: l'utilizzo eccessivo dei farmaci sta portando il nostro organismo a creare delle resistenze, con gravi rischi per la salute.
L'uomo sta sviluppando una sempre maggiore resistenza agli antibiotici e alle infezioni batteriche. È quanto emerge dai dati raccolti dall’Istituto superiore di sanità (Ar-Iss) che indicano come l'Italia detenga una resistenza a questa tipologia di farmaci battericidi tra le più elevate in Europa.
Le cause sono da riscontrare "nell'uso indiscriminato e inappropriato degli antibiotici" e - ha dichiarato a Policlinico News Claudio Mastroianni, Professore ordinario di Malattie Infettive (MED17), Sapienza Università di Roma, nonché Direttore UOC Malattie Infettive B del Policlinico Umberto I di Roma. "scoprire terapie efficaci è sempre più complicato".
AUMENTA LA RESISTENZA AI BATTERI
Un preoccupante rapporto del GLASS 'Global Antymicrobical Surveyllance System', cioè il nuovo sistema globale di sorveglianza antimicobica promosso dall'OMS, ha messo in luce l’aumento della presenza di batteri come Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae e Salmonella spp. anche con ampie differenze nella percentuale di resistenza tra i vari Stati.
Tuttavia appare sempre più evidente come non si tratti di uno di quei rischi legati al reddito ma di un'allerta trasversale.
Secondo i dati raccolti dal GLASS, nel mondo si contano almeno 500.000 persone colpite da infezioni resistenti agli antibiotici. Purtroppo è una stima molto inferiore ai dati reali: il calcolo è stato effettuato solo su 22 paesi del mondo, quindi i numeri complessivi potrebbero rivelarsi molto più alti.
Secondo il rapporto dell'OMS, i batteri resistenti più comunemente riportati sono Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Staphylococcus aureus e Streptococcus pneumoniae, seguiti dalla Salmonella.
UN PROBLEMA GIÀ NOTO
Su quanto questa minaccia fosse prevedibile si è espresso molto chiaramente il Professore Mastroianni: "Già il giorno della consegna del Premio Nobel (11 dicembre 1945), il ricercatore che scoprì la penicillina, Alexander Fleming, metteva in guardia la classe medica affermando che questo antibiotico, considerato il primo proiettile magico contro le infezioni, avrebbe potuto perdere nel tempo la sua efficacia a causa dell’emergenza di resistenze. In effetti già dopo pochi anni, nel 1949, ci fu la segnalazione di un caso di osteomielite da Stafilococco aureo resistente alla penicillina. Oggi purtroppo il problema dell’antimicrobico resistenza è ben più grave di quanto previsto e rappresenta una emergenza globale tanto è vero che il 27 febbraio 2017 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha lanciato un allarme mondiale con una lista di priorità per contrastare la diffusione del fenomeno".
IL FENOMENO IN ITALIA
In particolare, ci interessano da vicino i dati raccolti dell’Istituto superiore di sanità (Ar-Iss) che indicano come l'Italia detiene una resistenza agli antibiotici, per le specie batteriche sotto sorveglianza, tra le più elevate in Europa.
Nel Bel Paese, la causa sarebbe da attribuire ad un uso indiscriminato e inappropriato degli antibiotici i batteri sono sempre diventati più resistenti e scoprire terapie efficaci è sempre più complicato.
"Purtroppo anche in Italia la situazione è preoccupante" afferma il Prof Mastroianni "e la nostra nazione, insieme alla Grecia e alla Romania, detiene la maglia “nera” come tasso di resistenza soprattutto per quanto riguarda la Klebsiella pneumoniae produttrici di carbapenemasi. Dai dati emergono circa 2000 casi di batteriemie l'anno nel nostro Paese, soprattutto in pazienti di età compresa tra 65 e 80 anni, ricoverati in unità di terapia intensiva ma anche in reparti medici e chirurgici."
LE CAUSE DELLA DIFFUSIONE DEI BATTERI
La diffusione dei batteri è dovuta a diversi fattori quali la scarsa tendenza a lavarsi frequentemente le mani soprattutto in ambito ospedaliero (in Italia l’uso delle soluzioni alcoliche usate come detergenti risulta essere tra i più bassi nell'Unione europea) e la non oculata e inappropriata gestione della terapia antibiotica che può arrivare a vari livelli fino al 50% (abuso, sotto-utilizzo o inutile assunzione) sia in ospedale che nel territorio e nelle strutture di lunga degenza.
Uno studio pubblicato a gennaio 2018 sulla rivista Infection Control & Hospital Epidemiology, organo ufficiale della Society for Healthcare Epidemiology of America ha effettuato un’analisi conoscitiva su come e quando si sbaglia a prescrivere gli antibiotici. Gli autori dello studio hanno preso in esame le prescrizioni ambulatoriali relative a circa 300.000 pazienti adulti e pediatrici per quattro patologie comuni che normalmente non richiedono l’uso di antibiotici: virosi delle prime vie aeree, bronchiti, sinusiti, otiti non suppurative. I risultati dello studio dimostrano che le bronchiti acute sono la condizione patologica per la quale più di frequente vengono prescritti in maniera inappropriata gli antibiotici.
"Recentemente è stato approvato un piano nazionale di intervento per il contenimento della resistenza antimicrobica (PNCAR) - ha continuato il Prof Mastroianni - varato dal ministero della Salute e approvato dalla Conferenza Stato-Regioni. In tale ambito la Società di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) è fortemente impegnata nell’attuazione di questo piano e ha già avviato una serie di iniziative a livello ospedaliero e comunitario per contrastare il fenomeno dell’antimicrobico resistenza con l’attuazione di programmi di antimicrobial stewardship e prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria."
ANTIBIOTICI IN AMBITO VETERINARIO
I danni dalla cattiva abitudine di ricorrere con eccessiva frequenza alla terapia antibiotica non rigurdano solo l'uomo ma anche i nostri animali. Dichiara il Professore:
"Bisogna segnalare l’uso spropositato degli antibiotici anche in ambito veterinario: oltre il 70% degli antibiotici usati in Italia, infatti, è destinato agli animali da allevamento. Questo comporta la contaminazione dei terreni dove gli animali depositano le loro feci contenenti batteri, di conseguenza anche delle acque di scolo e quindi di fiumi e laghi. Se il Leone marino della California o il gorilla dell’Uganda si ritrovano nell’intestino un germe resistente selezionato nell’uomo, forse è il caso di farsi delle domande".