Fecondazione in vitro: cos'è e come funziona

Dal prelievo dei gameti femminili all'importazione nell'utero della donna, tutto quello che c'è da sapere sulla Fivet e sul futuro della sperimentazione

Introdotta in Italia attraverso la legge 40 del 2004, la fecondazione in vitro è la principale tecnica di procreazione medicalmente assistita. Si tratta di un sistema ormai collaudato che ha permesso a molte coppie sterili o con problemi di fertilità di coronare il sogno di diventare genitori.

È importante, però, distinguere la FIVET (Fertilizzazione in Vitro con Embryo Tranfer), dall’inseminazione artificiale (IUI). Quest’ultima, infatti, consiste nell’inserire lo sperma maschile nell’utero della donna, in modo che la fecondazione avvenga comunque nel corpo femminile. Se questa tecnica si rivelasse fallimentare, o nei casi in cui non fosse attuabile, le coppie che cercano di avere un figlio devono ricorrere alla fecondazione in vitro.

 

COS’È LA FECONDAZIONE IN VITRO

Con la FIVET si crea artificialmente il concepimento al di fuori del corpo della donna, e successivamente l’embrione (o gli embrioni) che si sono formati, vengono inseriti nell’utero. Bisogna quindi prelevare gli ovuli dalla donna e gli spermatozoi dell’uomo (ovvero i gameti maschili e femminili), e successivamente produrre una fecondazione in laboratorio, appunto in provetta.

 

PRIMO STEP: IL PRELIEVO DEI GAMETI FEMMINILI

Per prelevare dalla donna gli ovociti maturi, è necessario sottoporla ad almeno 3 settimane di stimolazione ovarica, indispensabile per essere certi che vi sia una produzione di più ovociti, il che aumenta le probabilità di una gravidanza. Queste stimolazione ormonale deve essere effettuata sotto attento controllo medico, perché se eccessiva, può avere delle ricadute sulla salute della donna.

Dopodiché, si procede con una iniezione di gonadotropine necessaria a indurre l’ovulazione. A 36 ore di distanza dall’iniezione, l’aspirante mamma verrà sottoposta ad un piccolo intervento (in anestesia locale) di aspirazione del liquido follicolare, nel quale il biologo troverà gli ovociti utili per praticare la fecondazione in vitro. A questo punto entrano in gioco i gameti maschili, prelevati manualmente o attraverso un biopsia testicolare.

 

LA FECONDAZIONE IN VITRO: COME AVVIENE

Una volta ottenuti i gameti sia maschili che femminili, si può procedere con la vera e propria fecondazione in vitro. Vengono lavati e selezionati gli spermatozoi migliori, quelli che dimostrano maggiore motilità, e vengono isolati gli ovuli. Ciascun ovulo viene poi messo a coltura con gli spermatozoi selezionati, e conservato in un incubatore a 37 gradi. Dopo due giorni dal prelievo degli ovuli dalla donna, è già possibile conoscere il numero esatto degli embrioni che si sono formati.

 

COME VENGONO IMPIANTATI GLI EMBRIONI

Una volta che la fecondazione in vitro si è conclusa con successo, gli embrioni ottenuti possono essere inseriti nell’utero femminile. In alcuni casi, per una migliore selezione degli embrioni stessi, la coltura in vitro viene prolungata di altri quattro giorni.

Al termine di questa fase, per il trapianto nel corpo della donna si sceglie uno (due al massimo) tra gli embrioni migliori e si procede con l’operazione. Attraverso un sottile tubicino una siringa spinge gli embrioni fino all’utero: l’impianto non comporta dolore ed è molto rapido. Dopo 12 giorni non resta che eseguire il test di gravidanza e vedere se la fecondazione in vitro ha avuto successo.

 

LE NUOVE FRONTIERE: LA FECONDAZIONE IN VITRO TRA UOMINI

Le tecniche di fecondazione in vitro si stanno spingendo a tal punto da far pensare alla possibilità, per una coppia omosessuale, di avere un figlio con il patrimonio genetico di entrambi, senza bisogno di un ovulo femminile. L’innovativa sperimentazione proviene dai ricercatori dell’Università di Bath in Inghilterra che ritengono che con gli spermatozoi si possano fecondare non solo gli ovociti ma addirittura le cellule della pelle.

Gli scienziati britannici sono partiti dalla fecondazione, con il gamete maschile di una cavia (un roditore), di cellule chiamate partenogenoti. Risultato: sono nati in tutto trenta cuccioli, sani e in buona forma, con un successo del 24 per cento su tutti i tentativi, molto superiore a quello che si può ottenere con la clonazione che, invece, funziona nell’uno, massimo due per cento dei casi. Per portare a termine una vera gravidanza ci sarà sempre bisogno di un utero in affitto, ma il bambino avrà tecnicamente due padri, anche dal punto di vista genetico.