Aducanumab, il farmaco che cura l'Alzheimer
Si tratta di un anticorpo che aiuta il sistema immunitario a riconoscere le placche responsabili della malattia per la loro riduzione. Prevista una nuova sperimentazione su 2700 persone
Eliminare le placche responsabili dell’Alzheimer. Ecco l’obiettivo dell’Aducanumab, il farmaco messo a punto dall’americana Biogen. Durante le sperimentazioni, l’anticorpo ha contribuito al rallentamento del declino cognitivo in tutti i pazienti a cui è stato somministrato (circa ottanta) durante la sperimentazione. Sebbene il campione fosse ristretto, solo 165 persone coinvolte, l’innovativa scoperta getta nuova luce sulla ricerca nel campo della cura dell’Alzheimer dando così speranza ai soggetti affetti.
COS’È L’ADUCANUMAB, IL FARMACO CHE CURA L’ALZHEIMER
L’Aducanumab è un anticorpo monoclonale che insegna al sistema immunitario a riconoscere le placche amiloidi e quindi attaccarle per ridurre i danni provocati al sistema cognitivo. Metà dei malati sottoposti alla sperimentazione ha ricevuto, per cinquantaquattro settimane, un’infusione endovenosa settimanale, mentre gli altri hanno avuto un placebo.
Come testimoniato da Roger Nitsch e Alfred Sandrock, due dei ricercatori responsabili, chi ha ricevuto il principio attivo ha mostrato una progressiva riduzione delle placche, tanto che “a distanza di un anno sono quasi completamente scomparse”. Per chi, invece, ha ricevuto il placebo la situazione è rimasta invariata. Inoltre, chi ha ricevuto dosi più alte del farmaco ha anche avuto maggiore riduzione delle placche.
CURA DELL’ALZHEIMER, ANCORA NIENTE DI DEFINITIVO
Anche se la rivista scientifica Nature e la Conferenza Internazionale dell’Associazione Alzheimer hanno presentato lo studio della Biogen in toni trionfalistici, gli stessi autori della sperimentazione avvisano di procedere con cautela. Sia perché sono molti i farmaci sperimentati in passato contro l’Alzheimer che si sono rilevati dei fallimenti dopo le prime fasi promettenti. A questo proposito il neurologo Sandro Iannaccone, primario della neuroriabilitazione del San Raffaele di Milano, si dimostra scettico. “L’Aducanumab – spiega - è efficace nel ridurre gli accumuli, ma al momento non è ancora chiaro se riduca anche i sintomi, cioé se sia in grado di contrastare la demenza e sia efficace a livello di memoria”.
In più, le perplessità sono anche legate all’attendibilità del campione, considerato troppo scarno per rappresentare una prova definitiva e generale.
IL FUTURO DI ADUCANUMAB
Per testare maggiormente la validità del farmaco la compagnia statunitense ha già pensato di proseguire con le fasi di sperimentazione estendendo il campione di studio. Sono già previsti due ampi studi di fase 3 (volti quindi a stabilire definitivamente l’efficacia del trattamento), che dovrebbero reclutare oltre 2.700 pazienti, e potrebbero fornire una risposta definitiva entro i prossimi sei anni.